La Corte Suprema statunitense si è pronunciata in questo modo, supportando il proprio verdetto con il rispetto nei confronti del Primo Emendamento della Costituzione americana, quello in difesa della libertà di espressione; e tuttavia, comprensibilmente, arrivano già le proteste di animalisti e semplici cittadini, che si sono scagliati contro questa legittimazione della diffusione di immagini di maltrattamenti di animali, compresi, come nel caso in esame, i combattimenti clandestini fra cani.
La controversa questione è stata sollevata infatti dalla condanna di un uomo, Robert J. Stevens, esperto e appassionato di Pit Bull, che, pur non avendo mai organizzato o partecipato a combattimenti clandestini fra cani (illegali nei 50 stati), ha diffuso video contenenti scene relative agli scontri clandestini; la condanna è giunta in base ad una legge federale del 1999 che si applica a tutte le registrazioni video che rappresentano “animali viventi intenzionalmente menomati, mutilati, torturati, feriti o uccisi”, indipendentemente da dove e quando sia stata effettuata la rappresentazione: se il fatto è illegale, la rappresentazione è illegale, secondo il giudice che ha trattato la materia.
Ma la Corte Suprema si è pronunciata slegando, di fatto, la rappresentazione stessa (e la sua relativa indipendenza e libertà, in virtù del primo emendamento), dal fatto illegale in sè: “il governo non ha alcun potere di toccare o restringere la libera espressione, e questo a prescindere dal messaggio, dalle idee, dal soggetto e dal contenuto”; questo, in sostanza, il presupposto del presidente che si è pronunciato sul caso.
Con solo un voto contrario, dunque, la Corte si è pronunciata in favore dell’abolizione della legge; il presidente ha sottolineato con forza che il caso in esame non ha nulla a che fare con altri generi di rappresentazioni che mostrano atti illegali, come quelli legati alla pornografia che coinvolga bambini o minori (rappresentazioni già fuori dalla protezione dell’emendamento fin dal 1982). Una delle motivazioni di questa decisione sarebbe il fatto che la legge del 1999 era stata pensata e firmata dall’allora presidente Clinton prevalentemente pensando a quei video che rappresentavano violenze su animali a scopo erotico, delle oscenità: ma tutt’altro discorso sarebbe, secondo la Corte, il caso dei combattimenti, che a quanto pare, non sarebbero paragonabili a violenze simili e non altrettanto osceni.
Fatta salva la condanna agli atti in sè, ovviamente considerati comunque illegali, la libertà di espressione abbraccerà, dunque, anche questo genere di spettacoli: con buona pace degli animalisti e dell’unico giudice contrario al pronunciamento, Samuel A. Alito Jr., che ha dichiarato che le motivazioni della Corte sono a suo dire ipotesi “stravaganti e assurde” e che servono solo a proteggere uno “spettacolo depravato“.