In America è addirittura di moda: il declawing, l’amputazione delle falangi, è una pratica crudele che purtroppo anche in Italia avanza.
La deungulazione consiste in dieci singole e dolorose amputazioni di artiglio, intera falange, ossa, legamento capsulare, legamento collaterale, tendine estensore e flessore: tutti devono essere amputati completamente, dalla terza falange fino all’ultima di ogni dito. Questo provoca ovviamente nel gatto una menomazione fisica e psicologica che rimane per tutta la vita, tanto che, pur se sottoposto ad anestesia, di norma impiega uno o due mesi per riprendersi dalle ferite.
In questo modo il gatto viene privato di parte della zampa e delle unghie e i padroni non rischiano quindi “pericolosi” graffi o divani rovinati. Togliendo le unghie al gatto gli verrà inoltre impedito di comportarsi normalmente, di arrampicarsi, di grattarsi. Negli USA la pratica è legale, mentre in Italia, pur se vietata per legge, è ancora molto diffusa, tanto da accadere a migliaia di esemplari ogni anno.
Il presidente del Comitato bioetico per la veterinaria (CBV), Pasqualino Santori, spiega: “Non so quanto sia diffusa in Italia la pratica di strappare le unghie a gatti, ma sicuramente è applicata in molti Paesi. Ed è doppiamente riprovevole: per prima cosa, è fortemente menomante per l’animale, che non è più in grado di fare tante cose, come ad esempio arrampicarsi sugli alberi. In secondo luogo, il problema che si tenta di risolvere con la deungulazione può essere affrontato con metodiche meno invasive”.
“Il problema del gatto che rovina i mobili e i tappeti,” continua, “può e deve essere affrontato in maniera preventiva, educandolo da subito, prima di tutto, a non mordere e graffiare le mani del proprietario. Se questo non viene fatto e, anzi, si interviene con un’operazione del genere, si altera per sempre il rapporto con l’animale. E se sono presenti o insorgono problemi del comportamento, non verranno mai risolti, perchè tanto il gattino non ha più le unghie e non danneggia tessuti e pavimenti”.