La storia di Oreo ha commosso e mobilitato la popolazione della Grande Mela, ha smosso le autorita’ delle principali associazioni ambientaliste americane, ma a nulla e’ valso tanto clamore e tanta protesta: ieri, il 14 novembre, la sentenza di condanna a morte della cagnetta Oreo tramite iniezione letale e’ stata eseguita.
La storia di questo pitbull di soli due anni e’ una storia triste, fatta di maltrattamenti e violenza: una serie dolorosa di episodi di abuso che doveva concludersi lo scorso 18 giugno, quando la sua padrona-aguzzina, una donna di nome Fabian Henderson, l’ha scaraventata giu’ dal tetto di un palazzo di Brooklyn. Nemmeno il volo, invece, le e’ stato fatale; la povera cagnetta ha riportato la frattura di entrambe le zampe anteriori e ferite su tutto il resto del corpo, ma e’ sopravvissuta.
Un mese dopo circa la sua padrona veniva arrestata e, dichiaratasi colpevole dei maltrattamenti perpetrati sistematicamente ai danni del cane, il prossimo dicembre ricevera’ la sua condanna. Ma nel frattempo cosa e’ accaduto alla sua vittima?
Quei due drammatici anni l’hanno segnata in modo profondo e le ferite, quelle piu’ dolorose e inguaribili, sono ovviamente quelle dell’animo. Oreo presentava enormi problemi comportamentali, segno di un’incredibile ostilita’ e diffidenza nei confronti dell’uomo, del quale ha potuto conoscere solo la violenza, l’aggressivita’, la ferocia.
Il dramma di Oreo, dunque, non finisce con il volo dal tetto di Brooklyn; gia’, perche’ l’essere sottratta alle grinfie della vecchia padrona non ha significato per lei l’inizio di una nuova vita, la speranza della riabilitazione, della rieducazione alla relazione, al legame e all’affettivita’, tutt’altro. L’Aspca, American Society for the Prevention of Cruelty to Animals, alla lettera “Societa’ Americana per la Prevenzione della Crudelta’ verso gli Animali, associazione che l’ha presa in custodia e si e’ occupata di seguire il suo caso, ha emesso la sua condanna morte: l’indole eccessivamente aggressiva della cagnetta la rendeva un pericolo per il pubblico. I traumi subiti, insomma, oltre a distruggerle i primi anni di vita, l’avrebbero resa incapace per sempre di vivere con gli uomini e con gli altri cani.
“Abbiamo fatto tutto quello che potevano per Oreo. Siamo stati in grado di guarire le sue ferite fisiche ma per quelle psicologiche non c’e’ nulla da fare” ha spiegato Andy Izquierdo, portavoce dell’Aspca, il fatto che l’animale sia “aggressivo in modo del tutto imprevedibile” ne rende necessaria la messa a morte.
Le proteste si sono scatenate immediatamente: non solo i cittadini di New York hanno cominciato a subissare di mail e di telefonate l’Aspca, ma anche le principali associazioni animaliste si sono mobilitate per salvare la vita di Oreo. “Non possiamo permettere che un’associazione per la protezione degli animali possa trascurare e abusare di un cane”, ha detto Camile Hankins, direttore di Win Animal Rights. Pet Alive, organizzazione no profit che gestisce una riserva per animali a Middletown, nello stato di New York, ha cercato senza successo di ottenere la custodia di Oreo: le telefonate, le email e i messaggi via twitter non hanno ricevuto risposta.
Ma le proteste non sono servite davvero a niente: l’Aspca, che dall’inizio dell’anno ha praticato l’eutanasia a 107 cani, si e’ mostrata irremovibile ed e’ andata avanti per la strada forte delle valutazioni del suo staff veterinario e di alcuni esperti esterni, secondo i quali Oreo non poteva essere riabilitata.
Noi di Petpassion stentiamo a crederlo, anzi non vogliamo crederlo. Conosciamo la storia di moltissimi cani che grazie a un buon programma di riabilitazione e un po’ piu’ di fiducia hanno ricominciato a vivere.
(G.M.)