Importante iniziativa dell’ENPA per bloccare l’uso degli animali soldato. Un problema che riguarda soprattutto le nazioni impegnate in varie guerre

 

Afgh-infantry-mascotIn questi giorni si è tornato a parlare del caso degli “animali soldato“. Animali domestici (ma non solo) utilizzati per compiti pericolosi nelle zone di guerra. A scatenare la polemica è stato il caso di Gina, pastore tedesco addestrato a scopi militari, in grado di identificare esplosivi, che dopo sei mesi di permanenza in Iraq è tornata con gravi disordini mentali e un carattere drasticamente cambiato.

A tale proposito si è pronunciato l’Ente Nazionale Protezione Animali, chiedendo una moratoria che renda fuorilegge la pratica di utilizzare animali a fini militari. Non solo cani, sostiene l’ENPA; in zone pericolose finiscono ogni genere di creature. Attualmente si utilizzano leoni marini, delfini e otarie in mare per l’identificazione degli obiettivi bellici, per l’individuazione dei percorsi minati, per la neutralizzazione degli uomini-rana o per le missioni «kamikaze». E la lista si allunga quando si tratta di terraferma: ratti e furetti, usati per l’individuazione dei campi minati – compito al quale non sfuggono neppure le api -; ma anche asini che, imbottiti di esplosivo, vengono lanciati in terribili missioni suicide.

Un affaire, quello dello sfruttamento per operazioni belliche, che non ha colore ne’ bandiera; vi sono infatti coinvolti Stati Uniti, Russia, le milizie talebane dell’Afghanistan e il Mozambico.

“Penso che gli animali dovrebbero essere lasciati in pace, che è il contrario della guerra, – commenta Carla Rocchi, presidente nazionale dell’Enpa – e non utilizzati per una pratica che non esito a definire ignobile. Perché mai dovrebbero rischiare la vita a causa di conflitti che non hanno né voluto né cercato? Dai cani sminatori ai delfini kamikaze non ci siamo fatti mancare proprio nulla. Forse è il caso che gli uomini, approvando una moratoria internazionale sull’impiego degli animali nei teatri di guerra, dessero finalmente prova concreta di quella civiltà di cui si dicono portatori”.