Che gli animali fossero intelligenti, non avevamo dubbi, ma leggerlo attraverso i racconti di Danilo Mainardi, professore emerito di Etologia comportamentale alla Ca’ Foscari di Venezia e presidente onorario della Lipu – Lega italiana protezione uccelli, ha tutto un altro fascino. Mainardi, autore di diversi libri e noto al grande pubblico per la sua presenza a Superquark di Piero Angela, riesce infatti a stimolare la curiosità del lettore raccontando di animali curiosi, come le libellule e il loro kamasutra, oppure lontani, come il leone o come i topi. Non solo, nel libro «L’intelligenza degli animali», edito da Cairo editore, il professore stupisce per la semplicità e la chiarezza con la quale affronta temi scientifici.
Il libro, suddiviso in quattro parti tutte accompagnate da illustrazioni, si occupa della mente della seppia e del polpo, ripercorre l’evoluzione e l’organizzazione delle diverse forme di vita, conducendo il lettore sempre più addentro al complesso universo dell’intelligenza animale.
Prima di cominciare la lettura è, tuttavia, necessario porsi una domanda preliminare, dalla cui risposta dipende la possibilità di afferrare tutta la profondità del testo di Mainardi: «siamo proprio sicuri che un animale per essere intelligente debba acquisire le stesse facoltà dell’uomo?» È possibile, cioè, che per dimostrare di essere intelligenti gli animali debbano per forza snaturarsi?
L’autore ci pone davanti a una riflessione importante perché, in effetti, troppo spesso siamo portati a cercare negli animali, soprattutto in quelli più vicini come cani e gatti, ciò che li rende simili a noi. Danilo Mainardi ci invita, al contrario, a osservare tutti gli animali con la mente il più possibile sgombra da pregiudizi, tenendo presente che la straordinaria varietà di forme e comportamenti presenti in zoologia, è l’espressione delle tante sapienze di cui la vita è pervasa.
L’autore non intende insomma costruire una gerarchia delle intelligenze, ma piuttosto prendere atto con ammirazione della loro pluralità. Non dobbiamo quindi – spiega Danilo Mainardi – considerare intelligenti solo le specie più evolute come le grandi scimmie, gli elefanti, i delfini e i nostri cani e gatti. Comportamenti intelligenti sono tipici anche delle specie più semplici che, attingendo alla saggezza dell’istinto collaudata in ere di selezione naturale, riescono a rispondere in modo efficace ai problemi della propria sopravvivenza.
Ogni forma di sapienza infatti, conclude l’autore, è valida nella misura in cui concorre alla vita sana ed equilibrata della propria specie, perché in natura l’unica legge che davvero conta è quella del perpetuarsi dell’esistenza.