Pensavate che sott’acqua fosse tutto tranquillo e che l’inquinamento acustico non arrivasse? Vi sbagliavate: i biologi marini dimostrano, anzi, che può essere così forte da impedire la comunicazione tra i pesci, soprattutto nel Mediterraneo. Sono i risultati di un recente studio condotto, nell’ambito del progetto “Sordo come un pesce”, dai ricercatori delle università di Trieste e Vienna, in collaborazione con la Riserva marina Wwf di Miramare.
“Abbiamo scoperto che il rumore prodotto da una normale imbarcazione da diporto può rendere sordi i pesci” ha spiegato la biologa Marta Picciulin. “Questo fenomeno può compromettere la fecondazione delle uova, dunque la stessa sopravvivenza delle specie che attirano i partner emettendo suoni. Le nostre ricerche dimostrano che il rumore prodotto dalle attività dell’uomo si sovrappone ai suoni biologici, mascherandoli e, di fatto, rendendoli incomprensibili alle specie acquatiche. Lungo le rotte più battute, i movimenti delle navi hanno eliminato le zone di silenzio per gli animali che abitano il nostro mare e ormai nemmeno un’area protetta può offrire riparo. Oltre ai danni al sistema uditivo e all’interruzione dei canali relazionali all’interno di una specie, il rumore genera una serie di altri effetti negativi, come la fuga di alcuni pesci dal loro habitat naturale originario, il cambiamento delle rotte migratorie, problemi di ‘navigazione’ e di alimentazione ed anche stress”.
Insomma, ci aspettano pesci sordomuti? Qualche speranza, a quanto pare, c’è: “Il nostro lavoro,” continua la Picciulin, “serve anche per sensibilizzare i naviganti, incentivandoli a usare motori silenziosi, di ultima generazione, evitare bruschi cambi di direzione, ridurre la velocità”.
Speriamo in bene e… incrociamo le pinne!