Quel che sta accadendo nella provincia bolognese ha del paradossale: i cacciatori si schierano contro la caccia. Le associazioni venatorie contestano la decisione della Provincia di aumentare a 4.000 il numero degli ungulati (cervi, caprioli, daini, cinghiali) che potranno essere abbattuti dai cacciatori. Per aiutare gli agricoltori, che lamentano la distruzione delle coltivazioni da parte di cervi e cinghiali, la Provincia ha deciso di dare attuazione ai piani per il controllo del numero di questi animali.
Anche la Regione si è attivata: da quest’anno i cacciatori delle altre regioni potranno esercitare l’attività venatoria in Emilia-Romagna sugli ungulati non ancora abbattuti alla fine della stagione di caccia.
Di fronte a questi provvedimenti le associazioni venatorie hanno sollevato una protesta, facendo notare che questa iniziativa finisce per obbligare i cacciatori a uccidere un determinato numero di animali, con inevitabile danno per lo sviluppo della fauna. Sono in molti inoltre ad essere perplessi circa le motivazioni esposte dagli agricoltori.
Ecco la replica della Provincia: “Non abbiamo creato un far west ma adottato provvedimenti necessari. Mi sembra eccessivo contestare un piano per il controllo degli ungulati costruito in modo scientifico e tenendo conto dei forti danni alle coltivazioni. Inoltre, bisogna pensare che la moltiplicazione a dismisura di queste specie non fa bene alla tenuta ambientale e non ci sono animali predatori a sufficienza per ristabilire l’equilibrio faunistico in modo naturale”.
La replica non ha convinto le associazioni venatorie, che fanno notare come i predatori non manchino e che le ragioni ambientali non sono sufficientemente fondate.
Sebbene disponibili a proposte alternative, per il momento gli agricoltori sono soddisfatti dell’esito delle trattative e dei provvedimenti presi da Provincia e Regione.