Risale a circa una decina di giorni fa (23 giugno) la strage dei 14 cani randagi di Paternò, cittadina di 50 mila abitanti sulle pendici sud-ovest dell’Etna. Il responsabile, ammesso che sia uno solo, ha usato con ogni probabilità delle salsicce avvelenate provocando la morte di cani adulti e cuccioli. Un gesto barbaro che lascia pieni di sgomento e di indignazione gli abitanti di Paternò e naturalmente tutti noi, che assieme alla notizia abbiamo ricevuto le immagini raccapriccianti della carneficina, circolate su youtube immediatamente dopo il ritrovamento.
Erano cani di quartiere, randagi sì, ma microcippati per tenerli sotto controllo, sterilizzati per evitarne la riproduzione e monitorati dagli stessi abitanti della zona secondo i quali non erano neppure pericolosi. Se ne prendeva cura Roberto Clemente, direttore cittadino della SIAE, che aveva trasformato questi randagi in animali domestici, occupandosene da anni. «E’ inumano uccidere cani. Alcuni avevano solo 4 mesi. Ieri hanno avvelenato la madre e oggi gli altri cuccioli – ha detto – non è da un paese civile, non è da Paternò. Parliamo solo di cani killer e non di randagi da recuperare. Sono i padroni che li abbandonano che dovrebbe essere puniti, non i cani avvelenati! Io ho un dolore personale: li ho visti nascere quei cani, inoffensivi e amati da tutto il quartiere. Però qualcosa bisogna fare».
Purtroppo questo non è che l’ennesimo degli episodi di maltrattamento, sevizie, avvelenamento e aggressione anche mortale che ha per vittima gli animali. Lo riconosce il sottosegretario alla Salute, Francesca Martini, commentando il caso di Paternò. «Le colpe del drammatico fenomeno del randagismo in Sicilia non sono certo dell’assessore alla Sanità Massimo Russo, da poco al governo della sanità siciliana – sostiene il sottosegretario – ma degli amministratori locali che a distanza di anni non riescono, o non vogliono, debellare un problema praticamente superato in altre regioni d’Italia. Mi chiedo come mai – aggiunge – quei poveri cani avvelenati fossero vaganti sul territorio e non ospitati in appositi rifugi o canili. Il Sindaco risponda, invii dati e documentazione sul randagismo nel suo Comune agli organi regionali competenti, spieghi senza nascondersi dietro falsi alibi e avvii indagini per scoprire i delinquenti autori degli avvelenamenti». «L’invito – aggiunge Francesca Martini – è rivolto a tutti i sindaci di comuni dove sono avvenuti recentemente episodi analoghi. Esistono delle leggi, chiare e precise, che gli amministratori, gli assessori regionali e la veterinaria pubblica devono rispettare». (G.M.)